Il Sarcoma Di Ewing

Che Cosa è il Sarcoma di Ewing?

Il sarcoma di Ewing (ES) fu descritto per la prima volta da James Ewing nel 1921 come un "endotelioma diffuso dell’osso" (Ewing 1921). Egli osservò che questo tumore osseo molto aggressivo era particolarmente sensibile alla terapia radiologica.

Tra le altre cose, il Dr. Ewing gettò le fondamenta di quello che è ora noto come il Memorial Sloan-Kettering Cancer Centre, organizzando un importante gruppo di medici che successivamente si distinsero nelle varie specializzazioni dell’oncologia. La sua fama era assai diffusa; I suoi colleghi si riferivano a lui come "Il capo" e 'Signor Cancro'." Il tumore che porta il suo nome viene indicato come "Ewing’s sarcoma" nel linguaggio parlato, mentre si scrive "Ewing sarcoma." I due termini sono usati in modo interscambiabile nel testo e nella letteratura.

Fin dalla descrizione iniziale, varie sono state le teorie proposte per spiegare come origina il sarcoma di Ewing. Anche se l’origine di questi tumori non è ancora definitivamente chiarita, le due teorie più accreditate suggeriscono che questi tumori scaturiscano da una cellula primitiva derivata o da un tessuto embrionale definito cresta neurale, o da cellule residenti nel corpo (chiamate cellule staminali mesenchimali), che hanno la potenzialità di svilupparsi in diversi tipi di tessuto. I patologi hanno da tempo evidenziato che il sarcoma di Ewing assomiglia ad un tumore dei tessuti molli ancora più raro chiamato tumore neuroectodermico primitivo (PNET). Nei primi anni ‘80, si trovò che ES e PNET non solo possiedono caratteristiche simili all’analisi microscopica, ma che in una percentuale superiore al 95% dei casi essi presentano la stessa alterazione genetica, una traslocazione (Aurias 1984, Whang-Peng 1984, Burchill 2003). Successivamente questi due tumori sono stati raggruppati in una classe di tumori definiti come "tumori della famiglia dei sarcoma di Ewing" (ESFT), che presentano tutti la stessa traslocazione.

Tumori della famiglia dei sarcoma di Ewing sono costituiti da cellule primitive, che sono cellule che non hanno ancora deciso che tipo di cellula saranno. All’osservazione microscopica appaiono blu, perchè si colorano con il colorante usato per identificare i nuclei cellulari del tumore, che sono preponderanti nel tessuto, e pertanto queste cellule sono chiamate "piccole cellule blu rotonde ". La famiglia del sarcoma di Ewing comprende:

  • Sarcoma di Ewing osseo 
  • Sarcoma di Ewing extraosseo, anche definito come sarcoma di Ewing extrascheletrico (tumore che origina fuori dell’osso) 
  • Tumore Neuroectodermico Primitivo (PNET) 
  • Neuroepitelioma Periferico 
  • Tumore di Askin (sarcoma di Ewing della parete toracica) 
  • Sarcoma di Ewing atipico

Cos’è una Traslocazione?

Una traslocazione avviene in seguito alla rottura meccanica e successiva riconnessione tra diversi cromosomi (Obata 1999). I cromosomi sono le unità cellulari di stoccaggio dei geni all’interno del nucleo (che è il centro genetico) della cellula e sono analoghi ad un rocchetto, essendo il DNA o messaggio genetico il filo che si avvolge intorno al rocchetto. L’uomo possiede 2 copie di ciascuno dei suoi 23 cromosomi (ovvero 46 cromosomi totali) in ogni cellula, che portano tutti i geni umani. I Dr. Gabriela Mercado e Frederic Barr dell’Università di Pennsylvania forniscono un’eccellente discussione della traslocazione cromosomica - Chromosomal Translocations - nei sarcomi in un’altra parte di questo sito.

Nel ESFT, la traslocazione avviene tra i cromosomi 11 e 22 ed è riferita come t(11;22). Il gene del cromosoma 22 codifica il gene del sarcoma di Ewing (EWS) la cui funzione non è nota (Delattre 1992, May 1993). Il gene del cromosoma 11, chiamato FLI1, è coinvolto nell’attivazione/ inattivazione di altri geni. Il nuovo gene derivante dalla fusione dei due, chiamato EWS/FLI, codifica una proteina di fusione alterata che regola altri geni che può dare origine a tumori quando espressa impropriamente. Il Dr. Stephen Lessnick del Huntsman Cancer Institute fornisce una dettagliata discussione della proteina di fusione di Ewing in un articolo su ESUN.

Il gene del sarcoma di Ewing codifica una proteina di funzione incerta, mentre il prodotto FLI è un fattore di trascrizione. Ne consegue che la proteina di fusione risultante EWS/FLI si viene a trovare sotto il controllo del promotore del sarcoma di Ewing. Mentre altre traslocazioni sono state descritte in ES e PNET, tra cui t(21;22) e t(7;22), tutte le traslocazioni coinvolgono la fusione del gene EWS con un gene della famiglia ETS. In precedenza si riteneva che le caratteristiche specifiche della traslocazione avessero un impatto sulla sopravvivenza. Con i moderni protocolli di trattamento, tuttavia, la sopravvivenza dei pazienti con le diverse traslocazioni sembrano essere simili (Le Deley 2010; van Doorninck 2010).

Chi e’ Colpito Dagli ESFT?

Gli ESFT sono molto rari, colpendo meno di 3 persone per milione di persone sotto i 20 anni di età (Esiashvili 2008). Nel 90% dei casi, gli ESFT si presentano in pazienti tra i 5 e 25 anni di età. Dopo i 25 anni sono eccezionalmente rari. Circa il 25% dei casi avviene prima dei 10 anni, mentre il 65% si presenta tra i 10 e 20anni di età. Circa il 10% dei pazienti hanno più di 20 anni alla diagnosi.

La ESFT è rara nei bambini di età inferiore ai 5 anni. Il Neuroblastoma Metastatico è un tumore raro che può presentare sintomi, segni, ed istologia simile alla ESFT. E’ molto probabile che tumori con cellule piccole, tonde in pazienti di età inferiore ai 5 anni siano dei neuroblastomi metastatici piuttosto che ESFT.

Ragazzi e giovani uomini sono colpiti più frequentemente delle ragazze e giovani donne. Anche in termini di sopravvivenza i maschi hanno prognosi peggiore delle femmine. Il bacino è la localizzazione più comune, seguita dal femore, tibia, omero, e scapola. Tuttavia, l’ ESFT può insorgere in ogni parte del corpo. E’ stato notato come l’ ESFT sia 10 volte più comune nei bianchi che nei neri. Questi rapporti sono stati osservati in modo costante nel mondo.

Un Tumore Pediatrico

Poichè il sarcoma di Ewing ha un’incidenza più elevata nei bambini che negli adulti, viene considerato un "tumore pediatrico". L’età media dei pazienti è di 15 anni. I nuovi casi diagnosticati nei bambini ed adolescenti sono circa 200 per anno negli USA e 20 sono diagnosticati negli adulti (Esiashvili 2008).

Come si Sente una Persona con ESFT?

Le persone con ESFT inizialmente si lamentano per il dolore e talvolta si accorgono di una massa. Generalmente la massa continua a crescere nel corso di poche settimane o mesi. E’ improbabile che una massa presente per molti anni sia un tumore aggressivo quale l’ ESFT. Qualche volta il tumore erode parte dell’osso e causa una frattura. Circa un quarto dei pazienti lamentano una febbre e/o perdita di peso. Persone che presentano questi sintomi devono consultare il proprio medico di base, che saprà valutare se sia il caso di consultare uno specialista.

Quali Test Sono Necessari per Capire se Qualcuno ha ESFT?

Figura 1: Radiografia pelvica di una ragazza di 16 anni

Figura 1: Radiografia pelvica di una ragazza di 16 anni...

Dopo che un dottore avrà effettuato un’accurata anamnesi ed un esame obiettivo del paziente, potrà ordinare una radiografia per esaminare l’area di interesse. All’esame radiografico, ESFT appare come una lesione litica che origina nel mezzo dell’osso (diafisi), vedi Figura 1.

Radiograficamente l’ ESFT si presenta come un tumore litico centrale della diafisi-metafisi ossea. Esso crea un’estesa distruzione dell’osso corticale, e dopo che è penetrato sotto il periostio, prende un aspetto tipico multi lamellare, a cipolla. Un’ altra caratteristica tipica è la comparsa di una reazione periostale con aspetto a "sole radiante" creato dall’osso che si forma lungo i vasi del periostio che corrono perpendicolarmente tra la zona corticale e il periostio elevato.

Tecniche avanzate di analisi dell’immagine, tra cui la risonanza magnetica (MRI) possono aiutare a definire la diagnosi, specialmente quando il tumore cresce fuori dell’osso (vedi Figura 2).

Figura 2: MRI indicante il tumore osseo aggressivo.

Figura 2: MRI indicante il tumore osseo aggressivo...

Se si sospetta che si tratti di ESFT, si possono eseguire altri due esami per determinare se il tumore si è diffuso: una tomografia computerizzata (CT) dei polmoni e una dell’osso (Meyer 2008). I risultati di queste analisi aiutano i medici a determinare i trattamenti e gli esiti (prognosi). Una nuova modalità di analisi d’immagine usata in alcuni centri è la tomografia ad emissione di positroni (PET). Il ruolo della PET nella valutazione e trattamento del sarcoma di Ewing non è stato ancora completamente definito. Uno studio del 2005 dell’ Università di Washington ha dimostrato che la risposta al trattamento determinato con la PET potrebbe predire la sopravvivenza (Hawkins 2005). Uno studio europeo ha dimostrato che la PET combinata con CT è migliore della sola PET per la valutazione dell’ ESFT (Gerth 2007). Dopo che sono stati condotti tutti questi esami, è assolutamente necessario analizzare un campione del tumore (biopsia) per determinare se il problema è effettivamente dovuto all’ ESFT.

In che Cosa Consiste una Biopsia?

Sono possibili due tipi di biopsie: incisionali ed escissionali. Le biopsie incisionali consistono nel prendere un piccolo pezzo del tumore e possono essere biopsie chiuse o aperte. Le prime possono essere effettuate prelevando il tessuto tumorale dall’esterno mediate un ago, le seconde richiedono un intervento chirurgico, come spiegato sotto. Le biopsie escissionali vengono effettuate quando la massa è piccola (< 2 pollici) e non è vicina a nessuna struttura vitale. Il tipo di biopsia chiusa deve essere determinata con molta attenzione dopo aver valutato la dimensione e la localizzazione del tumore e anche l’età del paziente (Mankin 1996; Simon 1998).

La posizione della biopsia rispetto alla localizzazione del tumore e alla struttura anatomica del paziente è molto critica. Lesioni piccole e superficiali sono adatte alla biopsia escissionale, tuttavia in generale, se si sospetta un tumore osseo maligno, tale biopsia viene utilizzata di rado. La ragione è che il tumore è spesso grande e la terapia neoadiuvante (chemioterapia somministrata prima che il tumore sia rimosso) è generalmente appropriata prima della resezione definitiva. Se la lesione sembra benigna in base alla storia clinica, all’esame fisico, e agli studi di analisi dell’immagine, allora al momento dell’escissione si dovrebbe prima effettuare una biopsia estemporanea al congelatore se la diagnosi è dubbia. Questo permette al chirurgo e al patologo di dare una "occhiata veloce" al campione tumorale mentre il paziente è ancora nella sala operatoria, in modo da definire se per la diagnosi sia necessario un altro campione. L’escissione primaria di un osso "non indispensabile" dovrebbe essere valutata solo da un oncologo con esperienza nell’ambito muscolo scheletrico. Ossa "non indispensabili" sono costole, clavicola, sterno, ileo, corpo della scapola e forse ulna distale.

La maggior parte dei tumori dell’osso dove vi sia sospetto di malignità, devono essere sottoposti a biopsia di tipo incisionale. La localizzazione della biopsia viene valutata dopo un estensiva analisi pre-bioptica dello stato locale della malattia e la relazione con strutture critiche adiacenti, quali i fasci neuro-vascolari. Questo va valutato caso per caso. E’ fortemente raccomandabile che la biopsia sia eseguita dallo stesso chirurgo che effettuerà la resezione definitiva, così che il "tramite" bioptico possa essere rimosso con l’intervento chirurgico definitivo. Al fine di programmare una terapia chirurgica con salvataggio dell’ arto colpito, sino dal momento della biopsia, il chirurgo deve conoscere molto bene i principi di ortopedia oncologica, per poter utilizzare tutti quegli accorgimenti, quali utilizzo delle diverse opzioni ricostruttive, uso di lembi plastici, ecc, al fine di evitare le amputazioni.

Le biopsie mediante ago sottile possono potenzialmente rendere più veloce la diagnosi, potendosi anche effettuare ambulatorialmente. Questo intervento può essere effettuato in anestesia locale e può ridurre il costo della procedura. Tuttavia queste tecniche non sono raccomandate nel caso di bambini. La maggior parte dei tumori ossei hanno una componente di tessuto molle periferico. Questo è anche il tessuto più rappresentativo per la diagnosi. In accordo con ciò, non è necessario inserire l’ago profondamente , procedura che può generare problemi di contaminazione profonde ed emorragie/sanguinamenti. Anche la biopsia mediante ago deve essere attentamente pianificata in modo che il tramite possa essere escisso al momento della chirurgia definitiva. Con un citopatologo esperto, una biopsia con ago ben fatta è una buona opzione. Generalmente si usa un ago di 0.7 mm di diametro. E’ stata riportata una accuratezza diagnostica del 90%, nei sarcomi ossei superiore al 80%. Un problema è che il materiale così ottenuto può essere insufficiente per effettuare un analisi citogenetica, citometria a flusso, profilo genetico e altri test che possono aiutare a definire la diagnosi.

Le biopsie con ago grosso sono molto poco invasive, possono essere effettuate in anestesia locale, preservano l’architettura del tessuto e possono fornire quantità di materiale adeguato per studi avanzati. L’accuratezza diagnostica di questa tecnica supera il 95%.

Anche se la biopsie con ago sono effettuate per velocizzare la diagnosi , esse possono portare anche a ritardi. Dato che la diagnosi definitiva di malignità non dovrebbe essere basata solo sull’analisi di campioni congelati, il paziente deve aspettare finchè vengano completate speciali colorazioni. Questo può richiedere alcuni giorni , se sono richieste analisi speciali. Se il campione non è completamente significativo, e questo può avvenire nel 25-33% dei casi anche in centri molto qualificati, allora è necessario ripetere la biopsia e prolungare il tempo richiesto.

Una biopsia aperta incisionale può in teoria essere effettuata in ambulatorio. Tuttavia nei casi in cui si sospetta un tumore osseo maligno, è raccomandabile che sia effettuata in una sala operatoria. Generalmente la regola è una incisione longitudinale. Incisioni trasversali possono contaminare strutture adiacenti e compromettere strutture neurovascolari. Durante questa procedura si devono assolutamente evitare contaminazioni di altre strutture. L’ area dove il tumore è maggiormente superficiale è preferibile, a meno che altri fattori, quali la presenza di un vaso sanguigno o un nervo, la precludano. Inoltre, l’analisi di immagine pre-operatoria può indicare se una specifica area all’interno del tumore sia migliore per la diagnostica rispetto ad un’altra. Aree intensamente necrotiche e/o emorragiche possono dare risultati erronei. Una volta che il tumore è stato raggiunto, la biopsia dovrebbe coinvolgere solo la periferia. Non è necessario un prelievo in profondità. Si deve mantenere una sezione congelata nel caso in cui il tessuto diagnostico sia stato conservato, ma non sia stata definita una diagnosi definitiva. Una attenta comunicazione con il patologo deve essere effettuata prima dell’intervento, per definire la quantità di tessuto che potrebbe essere necessaria per studi speciali ed eventuali procedure particolari necessarie al patologo per analizzare il tessuto. La formaldeide fissa il tessuto, impedendo di effettuare studi quali l’analisi citogenetica e molecolare. Inoltre il tessuto si secca velocemente una volta prelevato dal corpo, impedendo anche certi test avanzati, pertanto il trattamento veloce dei campioni è molto importante.

Per quei tumori che non hanno superato la zona corticale dell’osso, è necessaria aprire una finestra nella corticale stessa. Un trapano è generalmente adeguato, ma per finestre più grandi è necessario un’ apertura rotonda od ovale, senza angoli, per minimizzare la comparsa di fratture da stress. La finestra nell’osso deve essere poi ricompattata è sigillata con cera per osso. In alternativa,si può usare un tappo di polimetilmetacrilato. L’emostasi è di massima importanza. Certi tumori sono molto vascolarizzati e una meticolosa emostasi non è sempre possibile. In questi casi, si deve lasciare un drenaggio, in linea con l’incisione distale, adeguatamente fissato.

L’uso di lacci emostatici è controverso. Anche se il loro uso permette un approccio privo di sangue, devono essere rimossi prima della chiusura per assicurare una adeguata emostasi. Se usati, l’arto non deve essere completamente esangue, per minimizzare il rischio di embolia.

Auale Altra Malattia Assomiglia Agli ESFT?

Figure 3: La biopsia di un tumore mostra il tipico aspetto del ESFTquando esaminata al microscopio.

Figura 3: La biopsia di un tumore mostra il tipico aspetto del ESFT...

ESFT dell’osso può essere frequentemente scambiata per un’infezione dell’osso (osteomielite), e i dottori possono avere all’inizio problemi nel distinguere tra le due possibili patologie. ESFT assomiglia all’osteomielite perchè è una lesione di alto grado con una risultante area di necrosi. Può essere presente liquefazione del tumore che può essere erroneamente valutata come pus. Inoltre i pazienti spesso presentano generici sintomi sistemici, quali febbri intermittenti, conte elevate di globuli bianchi, ed elevate velocità di sedimentazione eritrocitaria (ESR). Ad un’analisi microscopica, tuttavia, queste due patologie sono facilmente distinguibili (vedi Figura 3).

Al microscopio, ESFT presenta piccole cellule rotonde che predominano in aree fortemente addensate. Si puo evidenziare la formazione di pseudo-rosette. L’immunoistochimica rivela una colorazione positiva per O13 (CD99).

Altri tumori che possono interessare le ossa, come osteosarcomi e linfomi, possono essere distinti dagli ESFT al microscopio e mediante specifici studi. Condizioni non-cancerose (benigne) come l’istiocitosi a cellule di Langerhan’s possono assomigliare a ESFT. Quando ESFT crescono fuori dell’osso, si deve considerare la possibilità che si tratti di tumori di tessuti molli (sarcomi dei tessuti molli), come il rabdomiosarcoma e altri. La distinzione tra questi due tumori viene fatta agevolmente da specialisti.

Come si Comportano Gli ESFT?

ESFT è un tumore aggressivo che tende a ricomparire dove è originato (recidiva locale) e a diffondersi nel corpo (metastatizzare). Il trattamento consiste di tre potenziali tipi di terapia: chemioterapia, radioterapia, e intervento chirurgico. Per ESFT isolati in un’area (localizzati), la chemioterapia viene usata per ridurre il tumore e prevenire un ulteriore aumento. Successivamente, il paziente viene sottoposto a rimozione chirurgica del tumore, se possibile. Se l’intervento chirurgico non è possibile, si usa la radioterapia come trattamento locale. Il paziente poi riceve un ulteriore trattamento chemioterapico per eliminare ogni cellula anomala eventualmente ancora presente in circolo dopo che il tumore principale è stato rimosso. In certi casi si usa sia la chirurgia che la radioterapia. In generale, per pazienti trattati in questo modo, la sopravvivenza media dei pazienti è di circa il 70-75% dopo 5-anni (Bacci 2006; Esiashvili 2008; Gupta 2010).

Sfortunatamente, circa il 15-25% dei pazienti ESFT hanno la malattia diffusa già in ogni parte del corpo quando vedono per la prima volta il medico. Per queste persone, la sopravvivenza media dopo 5 anni è del 30%. I trattamenti principali per questi pazienti sono la chemioterapia e la radioterapia, ma anche la chirurgia.

La resezione delle metastasi ai polmoni, se possibile, aumenta la sopravvivenza (Haeusler 2010).

Come si Trattano Gli ESFT?

La cura degli ESFT coinvolge medici di diverse discipline. E’ cruciale che un paziente con una diagnosi di ESFT sia trattato in un centro con esperienza in questa malattia e che il centro abbia un team interdisciplinare di medici e paramedici dedicato a questa forma rara ma mortale di tumore (Randall 2004). Specializzazioni mediche con competenze nel sarcoma di Ewing includono l’oncologia ortopedica, l’oncologia medica, l’oncologia pediatrica, la radiologia oncologica e muscolo-scheletrica, e la patologia muscolo-scheletrica. In alcuni casi possono fornire un sostegno critico chirurghi della spina dorsale, chirurghi vascolari e chirurghi plastici.

Trattamento

Normalmente il trattamento di tutti i sarcomi di Ewing (sia dei tessuti molli che quelli delle ossa) è lo stesso. Basandosi sui risultati di un certo numero di trials clinici, la prima linea di intervento è quasi standardizzata e comprende:

  • 14-17 cicli di chemioterapia, in cui si alternano 2 tipi di farmaci; 
  • Resezione chirurgica, se possibile, che frequentemente risparmia l’arto colpito con ricostruzione mediante protesi o trapianto d’osso da donatore, se è coinvolto l’osso;
  • Se la completa resezione chirurgica non è possibile, possono essere effettuati trattamenti giornalieri di radioterapia per 6 settimane nel sito primario. 

Il sarcoma di Ewing è un tumore aggressivo, che richiede un trattamento di almeno 9 mesi fino ad un anno nei casi migliori. Se il tumore non risponde a questa prima linea di intervento e se persiste malattia, ci sono altri farmaci che si possono usare. Se anche questi non funzionano, il paziente può essere sottoposto a trial sperimentali.

Figura 4: Modello plastico delle pelvi di un una paziente.

Figura 4: Modello plastico delle pelvi di un una paziente...

Un significativo aumento della sopravvivenza è derivato dai progressi nella chemioterapia (CTx). Di solito la rimozione chirurgica del tumore primario avviene dopo un ciclo iniziale di chemioterapia. La chemioterapia viene iniziata al più presto per attaccare ogni possibile cellula tumorale che sia fuoriuscita dal tumore principale (metastatizzata) ma che non sia stata ancora identificata negli esami iniziali. Inoltre, questo fornisce al chirurgo la possibilità di pianificare meglio l’intervento chirugico, che può essere molto complicato, vedi Figura 4.

L’intervento chirurgico è poi seguito da un’ulteriore chemioterapia, che può essere adattata a seconda della risposta del tumore al trattamento. Se il tumore risponde bene ai farmaci, in alcuni casi si può prevedere un risultato migliore. Nei ESFT, la radioterapia può essere usata insieme o invece dell’intervento chirurgico, a seconda della localizzazione ed estensione della malattia. Anche se negli ultimo 30 anni c’è stato un drastico miglioramento di tutti gli aspetti del trattamento, è tuttavia una terapia molto pesante. Il trattamento dura generalmente un anno. In pratica, un paziente ESFT e la sua famiglia rinunciano ad un anno della loro vita nella speranza di avere indietro il resto della vita.

Quali Farmaci Sono Usati per Trattare Gli ESFT?

La chemioterapia (CTx) è un elemento critico del trattamento del ESFT (Wexler 1996; Ludwig 2008, Balamuth 2010). Prima dell’uso della CTx, la maggior parte dei pazienti, fino al 90%, morivano, quando venivano usate solo la radioterapia e/o la chirurgia. Certi farmaci (ciclofosfamide, actinomicina-D e vincristina) venivano usati negli anni 1960 per trattare i pazienti ESFT e la sopravvivenza è aumentata. Negli ultimi tre decenni sono stati sviluppati nuovi farmaci e sono stati ridefiniti i regimi di dosaggio dei diversi agenti. Negli Stati Uniti ed in Europa il protocollo più comunemente usato prevede un regime di 5 farmaci: vincristina, doxorubicina, ciclofosfamide, ifosfamide, ed etoposide (Ladenstein 2010).

Il trattamento chemioterapico del ESFT differisce se il tumore è diffuso (metastatico) al momento della diagnosi. Tutti gli studi sotto riportati sono stati condotti in pazienti con tumori localizzati (non-metastatici). I risultati di un gruppo di pazienti trattati con una terapia con 3 farmaci (vincristina, doxorubicina e ciclofosfamide) sono stati analizzati in confronto con una terapia con 5 farmaci (ifosfamide ed etoposide in aggiunta agli agenti descritti precedentemente). Come riportato nel New England Journal of Medicine, i pazienti che avevano ricevuto la terapia a 5 farmaci avevano una sopravvivenza migliore di quelli che avevano ricevuto la terapia con 3 farmaci. (sopravvivenza del 72% vs. 61%, p = 0.01) (Grier et al., 348:694-701). Questo studio definiva il regime a cinque farmaci come trattamento chemioterapico standard per ESFT. Tipicamente, questi trattamenti sono forniti come combinazione di vincristina, doxorubicina e cyclofosfamide (or VDC) per 2 giorni seguiti da ifosfamide ed etoposide (IE) per 5 giorni. Le due combinazioni (VDC e IE) sono tipicamente alternate ogni tre settimane.

Più recentemente, i ricercatori hanno studiato regimi chemioterapici a "dosi intensive" nel tentativo di migliorare ulteriormente il risultato. L’intensificazione delle dosi significa che vengono fornite le stesse quantità totali di farmaci, ma che vengono somministrate in modo più intenso. Il regime di dosaggio può essere intensificato aumentando la quantità di farmaci data per intervallo oppure accorciando gli intervalli con cui i farmaci vengono somministrati , oppure combinando le due cose. Il Children’s Oncology Group ha effettuato uno studio per vedere se il regime standard di 5 farmaci poteva essere somministrato a "dosi intensive" aumentando le dosi degli agenti e mantenendo gli intervalli di 3 settimane tra i trattamenti. Anche se questo trial non ha dimostrato un miglioramento nella sopravvivenza dei pazienti trattati con dosi intensificate, ha tuttavia provato che la tossicità era simile nei pazienti trattati per 30 settimane o 48 settimane (Granowetter 2009). Il più recente trial del Children’s Oncology Group (AEWS0031) ha evidenziato che un regime con intervallo tra i trattamenti di 2 settimane è migliore di quello con intervallo di 3 settimane per quanto riguarda la sopravvivenza, sia priva di ricadute che totale: la percentuale di sopravvivenza senza ricadute dopo 4 anni era 76% contro 65% (p=0.029), e quella di sopravvivenza generale dopo 4 anni era 91% contro 85% (p=0.026). Non si notava differenza nella tossicità tra i due regimi. Ora, gli agenti standard descritti prima sono usati comunemente con la modalità a dosi intensificate per ridurre la durata della terapia, a parità di sopravvivenza. L’analisi degli altri risultati ottenuti di questo ampio trial clinico è ancora in corso (Womer 2008).

Circa il 15% dei pazienti presenta al momento della diagnosi metastasi e questo spiega la prognosi infausta in ESFT. Sembra che i pazienti che presentano metastasi solo nel polmone (oltre che il loro tumore primario) abbiano prognosi migliore di quelli in cui le metastasi sono disseminate (presenti in molti siti). Per i pazienti con malattia metastasica al momento della diagnosi, la prima linea di intervento è la chemioterapia standard dei 5 farmaci. Tuttavia, dato che gli ESFT metastatici sono più difficili da trattare, si usa talvolta un trattamento chemioterapico ad elevate dosaggi associato a trapianto autologo di cellule staminali. Melfalan e busulfano sono agenti attivi contro ESFT e sono stati usati con qualche efficacia nel contesto di trapianti autologhi di cellule staminali in casi avanzati di ESFT. Tuttavia, l’entità di mielosoppressione che provocano ne rende impossibile l’uso nella routine clinica. Uno studio del 2006 effettuato da un’istituzione del Regno Unito riporta una sopravvivenza a 5 anni del 38% per il trattamento con questi agenti combinato con trapianto di midollo osseo in casi avanzati di ESFT (McTiernan 2006). Sono ora disponibili i risultati di un trial Europeo su pazienti con malattia disseminata (Euro-EWING 99 trial) che mostrano come questi pazienti abbiano una sopravvivenza priva di eventi del 27% e una sopravvivenza totale del 34% dopo 3 anni (Ladenstein 2010). Dei pazienti che hanno ricevuto trattamento chemioterapico a dosi elevate associato con trapianto del midollo, rispettivamente il 57% e il 25% ha avuto una risposta completa o parziale. Questo trial conferma che i pazienti che al momento della diagnosi presentano la malattia disseminata o tumori primari di dimensioni estese hanno un esito peggiore di quelli con tumori più piccoli e localizzati. Questo spinge i ricercatori e i clinici a continuare a studiare come sia meglio trattare i pazienti con diverse varianti dello stesso tipo di tumore.

I ricercatori ed i clinici continuano quindi le loro analisi, focalizzandosi su trattamenti nuovi ed innovativi per i pazienti con ESFT. Un nuovo trial del Children’s Oncology Group, in cui topotecan viene aggiunto al regime medico standard, è pronto per essere utilizzato nei pazienti con malattia localizzata nei prossimi mesi. Al momento sono in corso anche trials volti a verificare la possibilità di usare irinotecan e temozolomide nei pazienti con ESFT avanzata (Wagner 2007, Casey 2009). Inoltre, si stanno studiando nuovi agenti biologici che agiscono selettivamente su specifiche cellule tumorali del corpo piuttosto che uccidere qualsiasi cellula in rapida crescita, allo scopo di ottenere trattamenti molto più specifici, che, possibilmente, causino meno effetti collaterali. Si sta per usare un anticorpo contro il recettore per insulin-like growth factor (IGFR-1) (Olmos 2010; Toretsky 2010). Alcuni dei nuovi trattamenti più promettenti saranno discussi nella sezione finale di questa rassegna.

Per ulteriori informazioni sui protocolli chemioterapici, il lettore può fare riferimento alle voci bibliografiche alla fine di questo articolo.

Quali Sono Gli Effetti Collaterali Della Chemioterapia Negli ESFT?

I trattamenti chemioterapici convenzionali dei ESFT non sono privi di effetti collaterali side effects (effetti tossici) significativi. Per il benessere dei pazienti ESFT e delle loro famiglie è essenziale che il trattamento sia affiancato da un supporto curativo rappresentato da terapie nutrizionali, psicologiche, sociali, occupazionali e fisiche. La maggior parte dei pazienti in chemioterapia per ESFT vanno incontro a compromissione del sistema immunitario e diventano incapaci di produrre un numero adeguato di globuli bianchi del sangue, le cellule che combattono le infezioni. Una molecola chiamata "fattore stimolante la formazione di colonie di granulociti" granulocyte-colony stimulating factor" (G-CSF) aiuta il corpo a produrre più velocemente nuovi globuli bianchi dopo la chemioterapia. Nonostante ciò, i pazienti spesso sviluppano infezioni opportunistiche, che possono essere trattate con antibiotici. Anche le piastrine, i componenti del sangue che sono responsabili della coagulazione, possono essere danneggiate dalla chemioterapia, rendendo necessaria la trasfusione di piastrine ottenute da banche del sangue. L’anemia o la perdita di globuli rossi, che veicolano l’ossigeno ai tessuti, può essere corretta con trasfusione di globuli rossi e l’uso di una molecola che stimola la produzione di globuli rossi chiamata eritropoietina- erythropoietin. La chemioterapia provoca nella maggior parte dei pazienti la perdita dei capelli (alopecia), che ricresceranno prontamente quando il trattamento sarà terminato. Alcuni chemioterapie causano anche nausea e vomito, ma ci sono vari farmaci che possono aiutare a minimizzare questi problemi. Infine, ci sono effetti collaterali di molti medicamenti usati per trattare ESFT. Un accurato monitoraggio e la comunicazione stretta con l’oncologo può aiutare ad identificare e trattare reazioni avverse.

Come Viene Trattato il Tumore Principale Negli ESFT?

ESFT è sensibile al trattamento con le radiazioni radiation. Storicamente, questo era il trattamento di elezione per il tumore principale (Indelicato 2008).

Generalmente, una dose di 45-50 Gy è somministrata in 5 settimane per trattare la malattia locale.

Tuttavia, la terapia radiante causa problemi, tra cui rigonfiamento cronico, rigidità delle giunture e tumori secondari in fasi successive della vita in meno del 5% dei casi (Kuttesch 1996). Pertanto, la rimozione chirurgica del tumore viene preferita per ottenere il controllo della malattia locale senza gli effetti collaterali delle radiazioni. Se dopo la rimozione chirurgica rimane un piccolo pezzo di tumore allora si usa la radioterapia locale dopo l’intervento. Alcuni tumori sono così grossi che l’intervento chirurgico non è possibile. In questi casi, il trattamento con radiazioni è ancora usato per controllare il tumore (La 2008).

Cosa Provoca la Chirurgia Degli ESFT?

Il trattamento chirurgico degli ESFT ha subito una evoluzione molto sofisticata, vedi le Figure 5 e 6 (Alman 1995; Gebhardt 1991, Hornicek 1998; Musculo 2000; Clohisy 1994; O’Connor 1996; Weiner 1996; and Randall 2000).

La modalità dell’intervento chirurgico dipende da quanto grande è il tumore e da quanto si estende nei tessuti circostanti. Lo scopo di ogni operazione sul cancro è di effettuare la rimozione totale del tumore con un ulteriore asportazione di tessuto normale adiacente per misura di sicurezza (Sluga 2001). La chirurgia conservativa dell’arto è diventata la norma con l’avanzamento delle tecniche di imaging, quali la MRI. Questo, in combinazione con I miglioramenti nella chemioterapia, ha permesso al chirurgo di ottenere un controllo locale equivalente a quello ottenuto con l’amputazione. Tuttavia nei casi molto severi quando la conservazione dell’arto può compromettere la sopravvivenza del paziente , l’amputazione può diventare necessaria.

Figura 5: Pervi artificiale vicino alla pelvi contenente il tumore.

Figura 5: Pervi artificiale vicino alla pelvi contenente il tumore...

A causa della complessità del sistema muscolo-scheletrico, esistono differenti modi di ricostruzione dell’area in cui il tumore viene rimosso a seconda della sede coinvolta. Generalmente le aree dove si generano questi tumori sono le ossa del bacino e le ossa lunghe (femore, tibia ed omero). La spina dorsale, costole, mani e piedi possono anche essere colpiti, ma meno frequentemente. Gli ESFT possono svilupparsi in ogni parte del corpo.

Come Viene Riparato il Corpo Dopo che È Stato Rimosso un Tumore ESFT?

Il sarcoma di Ewing è la forma più comune degli ESFT. Le modalità principali per riparare i difetti causati dalla rimozione del tumore comprendono i trapianti di osso, sia dai pazienti stessi che da banche dell’osso, e/o sostituzioni di parti del corpo con protesi artificiali metalliche (protesi). La scelta della tecnica è dettata dalla localizzazione del tumore, età del paziente, e tipo di terapie aggiuntive utilizzate (ad es. chemioterapia e/o radiatzioni).

Figura 6: Radiografia pelvica dopo l’intervento chirurgico. La emipelvi metallica artificiale è stata impiantata nel lato destro.

Figura 6: Radiografia pelvica dopo l’intervento chirurgico ...

Allotrapianti e protesi possono essere usate insieme per una ricostruzione composita. Il trapianto d’osso autologo può essere vascolarizzato (e.g. perone vascolarizzato). Tutti e tre presentano vantaggi e svantaggi. Grandi allotrapianti strutturali e protesi dovrebbero essere riservati a bambini di età superiore agli 8 anni. Autotrapianti non-vascolarizzati della pelvi o di altri siti dovrebbero essere usati in modo limitato per difetti relativamente piccoli e funzionano bene nei bambini. Il vantaggio è la elevate velocità di incorporazione ma con potenziale morbilità del sito donatore. Autotrapianti ossei vascolarizzati, come quelli del perone sono attraenti, perchè quando funzionano, si ha una buona integrazione osso-trapianto e perfino un rimodellamento secondario dovuto al carico che si estende attraverso esso (Chen 2007; Hubert 2010). Anche in questo caso ci possono essere complicazioni nel sito donatore.

Allotrapianti strutturali non hanno problemi di morbidità nel sito donatore. La maggiore controindicazione all’allotrapianto sta nella difficoltà di incorporarsi con l’osso dell’ospite (non-unione) e nella frattura. Il vantaggio è che sono soluzioni biologiche che durano la vita dei pazienti, se si saldano e non si fratturano. Allotrapianti osteoarticolari comprendono le superfici articolari che ricoprono la fine dell’osso donatore e potrebbero essere utilizzati in ricostruzioni che richiedono la rimozione di una articolazione (Clohisy 1994; Hornicek 1998; Muscolo 2000). Qualsiasi articolazione può essere ricostruita in questo modo anche se la durata della ricostruzione varia nelle diverse localizzazioni. Tumori diafisari possono essere ricostruiti con allotrapianti intercalari che rimpiazzano un segmento di osso ma non la superficie dell’articolazione. La piastra epifisaria (fisi) può talvolta servire come una barriera adeguata al tumore, permettendo di preservare le fine dell’osso (epifisi) e quindi la superficie articolare. Questo deve essere attentamente valutato prima dell’intervento mediante MRI. Quando questo è possibile, la risultante durata e funzionalità saranno migliori rispetto ai casi in cui l’articolazione deve essere sacrificata.

Nel caso di trapianto di osso di grandi dimensioni, si può anticipare che in almeno il 60-70% dei casi i risultati possano essere soddisfacenti da un punto di vista funzionale. In molti casi, a seconda della localizzazione del tumore e dell’entità della ricostruzione, si ha una percentuale di successo anche maggiore. Il risultato complessivo della procedura dipende molto dai criteri stringenti di selezione (Cummings 2010).

Protesi artificiali metalliche di parti del corpo (endo/artroprotesi) forniscono una ricostruzione immediatamente stabile dopo la quale il paziente può immediatamente muoversi. Questi impianti sono molto più grandi e complessi di quelli effettuati per il rimpiazzo di articolazioni standard usati per trattare difetti nelle articolazioni causati da artrosi o altre condizioni correlate. Di solito le endo/artroprotesi sono cementate in situ con cemento acrilico osseo (polimetilmetacrilato) ma sono disponibili nuove tecniche che evitano l’uso del cemento. Le endo/artroprotesi sono fatte di cobalto, cromo, acciaio o titanio.

Poichè gli ESFT colpiscono bambini con scheletro ancora in accrescimento, le protesi sono state progettate per allungarsi meccanicamente quando una cartilagine di accrescimento deve essere rimossa unitamente al tumore. Studi di queste protesi allungabili hanno rivelato che la maggior parte (85%) sono ancora in uso dopo 5 anni dall’impianto (Grimer 2000; Ritschl 1992; Schiller 1995; Schindler 1998). Protesi allungabili sono disponibili con diversi meccanismi di espansione, alcuni dei quali evitano il ricorso ad un ulteriore intervento chirurgico.

Per le protesi metalliche, sono stati sviluppati sistemi nuovi senza cemento, porosi ma quest’ultimi non hanno ancora rimpiazzato gli impianti cementati in molti centri. Nuovi dispositivi prevedono l’utilizzo di sistemi di fissazione che evitando l’uso di lunghi steli protesici, tendono a limitare i fenomeni di consumo dell’osso residuo "prestress compliant fixation device". Questo sistema è disegnato per facilitare l’integrazione ossea all’interfaccia tra osso e impianto.

Ci Sono Alternative ai Trapianti di Osso e Agli Impianti Metallici Per La Ricostruzione Chirurgica Degli ESFT?

In casi particolari, una parte del corpo di un paziente, ad esempio la parte inferiore della gamba, può essere trapiantato per riparare un difetto del femore. Questi sono interventi di chirurgia plastica chiamati rotazionale o di inversione tibiale. Tali opzioni sono particolarmente indicate nei bambini (meno di 8 anni) che andranno ancora incontro ad un notevole accrescimento. La plastica rotazionale utilizza l’articolazione della caviglia, che è ruotata lungo il suo asse di 180 gradi, per convertire una amputazione a livello del femore in un amputazione sotto il ginocchio. Funzionalmente la plastica rotazionale è comparabile ad altre forme di salvataggio dell’arto per quanto riguarda la possibilità di una persona di camminare (McClenaghan 1990). In aggiunta, è molto più duratura di alte forme di ricostruzioni e mantiene la cartilagine di accrescimento sottostante della tibia per ulteriore crescita.

Se una articolazione (ad esempio un ginocchio) deve essere rimosso con il tumore, una possibilità alternativa alla ricostruzione dell’articolazione è una fusione dell’articolazione (artrodesi). Questo prevede che le ossa sopra e sotto l’articolazione (ad esempio femore e tibia) siano fissate insieme, generando una "articolazione" fissa, immobile. Mentre la fusione è una opzione nella chirurgia di conservazione dell’arto, viene utilizzata sempre meno, da quando le tecniche di endo/artroprotesi e i trapianti di osso sono migliorati. Il vantaggio della fusione è che, una volta saldato, il pezzo è molto duraturo, potendo sopportare lavori pesanti e sport.

Quali Sono Gli Effetti Collaterali Della Chirurgia Negli ESFT?

La chirurgia, così come la chemioterapia, non è priva di effetti collaterali. NeI 10-15% dei trapianti di osso insorgono infezioni (Mankin 1996; Alman 1995; and Hornicek 1998). Inoltre, nel 10-25% dei casi, quando si effettua un trapianto di grandi dimensioni proveniente da una banca dell’osso, il trapianto di osso non attecchisce (Gebhardt 1991; Mankin 1996). A causa di questi problemi, possono talora essere necessari ulteriori interventi chirurgici, ed il trapianto di osso deve essere rimosso. Questi problemi sono più frequenti in pazienti in trattamento chemioterapico. I trapianti di ossa lunghe sono sempre a rischio di rottura (circa 20% dei casi) pertanto ci deve essere attenzione per tutta la durata della vita di una persona che sopravvive ad ESFT. Le fratture vengono trattate con tecniche standard, ma potrebbe essere necessario rimuovere e rimpiazzare il trapianto o l’impianto.

Lo svantaggio delle endo/artroprotesi è che col tempo possono mobilizzarsi e/o consumarsi. La sopravvivenza a 5 anni precedentemente anticipata per le sostituzioni metalliche lunghe variano tra il 50-90%, a seconda di dove siano localizzate (ad esempio coscia contro braccio) e della loro forma. Nel caso di endo/artroprotesi allungabili la durata della sostituzione è inversamente correlata all’età del paziente al momento dell’intervento chirurgico (Ward 1996; Finn 1997; Eckardt 1993; Schiller 1995 and Schindler 1998). Più giovane è il paziente, maggiore è la probabilità che possa soffrire complicazioni correlate alla ricostruzione. Inoltre, come per i trapianti di ossa lunghe, le infezioni sono un rischio concreto, con valori compresi tra 0-35% dei casi di ricostruzioni protesiche (Grimer 2000; Wirganowicz 1999; Malawer 1995; Ritschl 1992; and Ward 1997).

Le controindicazioni alla chirurgia plastica rotazionale e di inversione sono associate ai problemi che provocano all’immagine del corpo. Negli Stati Uniti non è molto comune a causa delle pressioni sociali che riguardano l’aspetto fisico. Le famiglie devono affrontare un’intensa consultazione prima dell’intervento, che include la visione di immagini di pazienti che hanno subito questo intervento.

Le fusioni dell’articolazione spesso non soddisfano i pazienti, per la perdita della motilità dell’articolazione. Sono tollerate meglio quelle alla spalla rispetto a quelle delle estremità inferiori (Alman 1995; Cheng 1991 and Kneisl 1995).

Quando si Deve Procedere All’amputazione Nella Chirurgia Degli ESFT?

In generale, un intervento chirurgico che salva l’arto provoca la rimozione permanente del tumore in modo simile a quando viene effettuata l’amputazione (Rougraff 1994). L’amputazione in sè non garantisce l’assoluta eradicazione del tumore. Gli ESFT hanno la capacità di "saltare" dal tumore principale in zone apparentemente sane limitrofe e di non essere scoperti prima dell’amputazione, causando la "ricrescita" del tumore nel sito dell’amputazione (Enneking 1975). Normalmente la RMI è in grado di dare un’immagine dell’intera area coinvolta, che rende questa possibilità molto rara rispetto alle resezioni effettuate negli anni sessanta e settanta, prima della RMI.

Qualche volta il tumore coinvolge in modo critico nervi, arterie o vene. Il coinvolgimento di queste strutture rende un intervento chirurgico che salva l’arto piuttosto rischioso. Quando il paziente è trattato da un ortopedico oncologo con una buona esperienza , un intervento di salvataggio dell’arto non implica uno svantaggio nella sopravvivenza. Anche pazienti che sviluppano una frattura nella sede tumorale possono andare incontro a chirurgia di salvataggio dell’arto a seconda delle circostanze del caso (Bramer 2007). La decisione di amputare è complessa e deve coinvolgere il paziente, la famiglia, e l’intero team di coloro che forniscono le cure. L’età del paziente, la localizzazione del tumore, la presenza o assenza di una frattura ossea e i desideri del paziente e della famiglia deve essere presa attentamente in considerazione. Infine, poichè gli ESFT sono radiosensibili, l’amputazione è effettuata raramente.

Funzionalmente, nelle estremità superiori, l’ amputazione provoca gravi risultati funzionali. Di conseguenza, deve essere effettuata una ricostruzione aggressiva, con trapianti vascolari e/o di nervi, per salvare anche limitatamente la funzione della mano e del polso. Tuttavia, se non è possibile ottenere un margine adeguato, allora è necessario procedere all’amputazione. Nelle estremità inferiori, l’ amputazione interileoaddominale, che coinvolge la rimozione dell’intera estremità inferiore a livello delle pelvi, è causa di funzionalità particolarmente scarsa. La disarticolazione dell’anca che coinvolga la rimozione dell’estremità a livello dell’articolazione dell’anca consente di stare seduti, ma rimane difficile inserire una protesi. Per i tumori al di sopra della tibia prossimale, il salvataggio dell’arto con una delle tecniche descritte prima è preferibile all’ amputazione e può in teoria dare buoni risultati funzionali. Pazienti che subiscono l’amputazione sopra il ginocchio hanno un maggiore dispendio energetico rispetto a quelli che subiscono la ricostruzione con endo/artroprotesi. Una artrodesi al ginocchio è intermedia tra il salvataggio dell’arto e l’amputazione rispetto al dispendio energetico. Lesioni tibiali diafisarie sono spesso oggetto di salvataggio dell’arto, tuttavia lesioni nel piede e caviglia sono in genere trattate con l’amputazione sotto il ginocchio. In uno studio in cui si è valutato l’adattamento psicosociale, le lamentele maggiori erano riportate più spesso nei pazienti con salvataggio dell’arto, anche se gli amputati tendono ad avere minore autostima e vanno incontro ad una maggiore isolamento sociale.

Cosa C’e’ di Nuovo All’orizzonte per la Ricerca Su ESFT?

La sopravvivenza dei pazienti con ESFT localizzato in una singola sede e nella fase iniziale è migliorata con la chemioterapia e le moderne tecniche chirurgiche. Sono invece scarsi i risultati dei pazienti con la malattia diffusa all’esordio e con malattia persistente dopo il trattamento iniziale. I ricercatori ed i clinici stanno intensamente studiando nuovi trattamenti allo scopo di aumentare i risultati per questi pazienti. Queste nuove tecniche sono normalmente studiate in trial clinici di fase 1 e 2 in centri specializzati nella ricerca oncologica. Alcuni dei risultati più promettenti sono discussi sotto.

La Via Molecolare Della Patogenesi di ESFT

Poichè la "firma" del ESFT è la traslocazione genetica t(11;22), questo è diventato il punto focale principale dei ricercatori su ESFT (Lessnick 2002). Studiando la via molecolare di ESFT e la proteina di fusione EWS-FLI , i ricercatori del Huntsman Cancer Institute hanno scoperto che sequenze ripetitive di DNA chiamate microsatelliti funzionano come elementi di risposta nella via di ESFT (Gangwal 2008). Successivamente, hanno anche identificato una proteina chiamata GSTM4 che è presente in quantità elevate nei pazienti che non rispondono alla chemioterapia (Luo 2009). Questa scoperta potrebbe permettere l’identificazione precoce dei pazienti che non rispondono ai trattamenti standard. Agenti che interferiscono con GSTM4 potrebbero essere sviluppati per trattare ESFT. Lo studio della via biologica in cui è inserita la proteina di fusione ha anche identificato una proteina chiamata NR0B1 come componente importante della via, che potrebbe anche esso essere un bersaglio terapeutico (Kinsey 2006; Kinsey 2009).

Il Dr. Jeffrey Toretsky e colleghi alla Georgetown University hanno sviluppato un altro approccio originale per interferiree con il meccanismo molecolare di ESFT. La loro ricerca ha dimostrato che EWS-FLI si lega ad una molecola chiamata RNA Helicase A, che funziona nella regolazione della trascrizione dei geni (Toretsky 2006). Recentemente, gli stessi autori hanno identificato un’altra piccola molecola, YK-4-279, che interferisce con il legame di EWS-FLI alla RNA Helicase A. Questa molecole uccide le cellule ESFT in coltura e reduce la crescita degli ESFT nei modelli animali. I Dottori Toretsky and Schlottmann forniscono una dettagliata discussione dei nuovi approcci molecolari - per il trattamento di ESFT in altra parte del website ESUN.

Tecnologia di Silenziamento Genico

Sequenze genetiche dirette contro geni particolari, chiamati oligonucleotidi "anti-senso", sono una nuova eccitante tecnologia che potrebbe essere benefica in una serie di tumori tra cui ESFT. Anti-senso contro la traslocazione ESFT inibiscono la formazione di tumori in vitro ed in vivo negli animali (Ouchida 1995; Kovar 1996; Tanaka 1997; Lambert 2000) ma questa tecnica è ancora molto sperimentale e richiede ancora molto lavoro prima di essere utilizzata nei pazienti. Un problema della tecnologia con anti-senso consiste nello sviluppo di un adeguato sistema per la somministrazione di questi agenti. Oligonucleotidi anti-senso che inibiscono una molecola nota come fattore di crescita simile all’insulina ( insulin-like growth factor 1, IGF-1) potrebbe anche essere un futuro agente biologico contro ESFT (Scotlandi 2002).

Nel 2005, Triche et al., descrissero un sistema non-virale di somministrazione di piccoli RNA inibitori diretti contro la proteina di fusione EWS-FLI (Hu-Lieskovan 2005). La tecnologia del RNA inibitorio è stata anche utile per elucidare il meccansimo molecolare di ESTF. Questa tecnologia ha consentito di identificare la proteina 3 legante il fattore di crescita simile all’insulina (insulin-like growth factor binding protein 3) (Prieur 2004) e la ciclina D1 (Sanchez 2008) come importanti bersagli della proteina di fusione EWS-FLI. Inoltre è stata anche usata per dimostrare che GSTM4 è un importante elemento di risposta di EWS-FLI (Luo 2009) in uno degli studi menzionati precedentemente.

Agenti Immunoterapici

Anticorpi diretti contro il recettore IGF-1 sono stati studiati come trattamenti potenziali per i casi di ESFT avanzato (Manara 2007) . E’ stato recentemente riportato un trial clinico di fase 1 per il Figitumumab, un anticorpo contro IGF-R1 (Olmos 2010). Due dei 16 pazienti ESFT hanno risposto al trattamento e 8 hanno avuto la malattia stabilizzata per 4 mesi o anche di più. Studi sono in corso su questo agente e altri anticorpi simili.

CD99 è un’altra molecola studiata coma potenziale target di immunoterapia - per il trattamento di ESFT. CD99 è presente nella maggior parte delle cellule ESFT. Ricerche recenti suggreiscono che esso svolga un ruolo nel prevenire il normale differenziamento neurale delle cellule di Ewing (Rocchi 2010).

Nuovi Agenti Chemioterapeutici

Il suicidio delle cellule tumorali mediante pmorte cellulare programmata o apoptosi potrebbe essere facilitao da una molecola chiamata "tumor necrosis factor-related apoptosis inducing ligand" (TRAIL). E’ stato dimostrato che questa molecola uccide le cellule di Ewing in vitro e potrebbe essere utilizzata per una terapia biologica (Mitsiades 2001 and Van Valen 2000). E’ stato recentemente pubblicato uno studio pre-clinico che dimostra l’efficacia di TRAIL in modelli animali (Picarda 2010). Questo ed altri farmaci sono ancora in una fase di pura investigazione in questo momento, ma continuando a sostenere la ricerca sul sarcoma di Ewing, ci sono buone speranze che le scoperte effettuate in laboratorio possano essere traslate in terapie efficaci per gli ESFT.

Scritta nel 2011
Tradotto nel 2011

Da R. Lor Randall, MD, FACS
Director, Sarcoma Services
The L.B. & Olive S. Young Endowed Chair for Cancer Research Chief, SARC Lab
Huntsman Cancer Institute & Primary Children’s Medical Center, University of Utah

George T. Calvert MD
Orthopaedic Oncology Fellow, Huntsman Cancer Institute & Primary Children’s Medical Center,
University of Utah

Holly L. Spraker, MD
Attending Pediatric Oncologist, Primary Children’s Medical Center, University of Utah

Stephen L. Lessnick MD, PhD
John and Karen Huntsman Presidential Professor in Cancer Research
Attending Pediatric Oncologist
Huntsman Cancer Institute & Primary Children’s Medical Center, University of Utah

Tradotto da:
Michela Rugolo, PhD
 e Katia Scotlandi, PhD

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Le informazioni presso SarcomaHelp.org sono fornite solo come informazione generale. Non sono intese come consigli medici e non devono essere usate al posto di un consulto con personale medico qualificato.

  • Figura 1
    Figura 1: Radiografia pelvica di una ragazza di 16 anni che ha una storia di vari mesi di dolore all’anca destra. Se si osserva attentamente sopra la giuntura dell’anca destra, si può apprezzare un’area scura indicativa della distruzione dell’osso. Le figure 2-6 mostrano un caso-studio di ESFT.
  • Figura 2: MRI indicante il tumore osseo aggressivo.
    L’ area brillante sopra la giuntura dell’anca destra indica un tumore che si ritiene sia un sarcoma osseo.
  • Figure 3: La biopsia di un tumore mostra il tipico aspetto del ESFT quando esaminata al microscopio.
    Il materiale blu scuro all’interno della cellual rappresnete i nuclei attivi allargati. I nuclei contengono l’informazione genetica necessaria per la crescita e riproduzione di una cellula, in questo caso specifica per il sarcoma di Ewing.
  • Figura 4: Modello plastico delle pelvi di un una paziente.
    Una pelvi artificiale metallica è stata creata per lei mentre stava per essere sottoposta alla fase iniziale di chemioterapia prima dell’intervento chirurgico.
  • Figura 5: Pervi artificiale vicino alla pelvi contenente il tumore.
  • Figura 6: Radiografia pelvica dopo l’intervento chirurgico.
    La emipelvi metallica artificiale è stata impiantata nel lato destro.